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BLOGVS | April 26, 2024

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Il BlogVs delle Donne: tre domande a Graziana Canova Tura

Il BlogVs delle Donne: tre domande a Graziana Canova Tura
Emanuele Bonati

Laureata in lingua e letteratura Giapponese, Graziana Canova Tura ha vissuto per sei anni in Giappone, riportandone una serie di conoscenze e di ricette che sono confluite, anni dopo, nel suo Il Giappone in cucina, appena riedito da Ponte alle Grazie nella collana “Il lettore goloso” diretta da Allan Bay (e che ho appena presentato alla Libreria Corteccia in via Lanino: self-promozione).  

Quando dico che hai riportato dal Giappone una serie di ricette intendo proprio alla lettera: pacchi e pacchi di ricette, scritte a mano… Vuoi raccontarci com’è andata?

La storia è un po’ lunga – la si può leggere per esteso nella Prefazione. Quando vivevo in Giappone mia madre veniva ogni tanto a trovarmi, fermandosi i tre mesi previsti dal visto turistico. Durante le giornate in cui io lavoravo, lei passava molto tempo davanti alla Tv, pur senza capire il giapponese, ma i “Samurai drama” e le lezioni di cucina che si susseguivano sui vari canali in diversi orari le permettevano di passare il tempo in modo piacevole.
La sua natura di ottima cuoca la fece appassionare subito per l’arte culinaria giapponese e così prese a notare le varie ricette, di cui in breve riconobbe gli ingredienti, imparando a intuito da ciò che vedeva. Le schede (vecchi cartoncini d’auguri riciclati) si accumularono, e al mio ritorno in Italia abbiamo iniziato a utilizzarle per cucinare giapponese per noi e per gli amici. Queste schede hanno formato la base, l’origine del libro, a cui poi ho aggiunto storia, cultura, tradizioni, proverbi, ricordi di tante belle cose imparate da amici e amiche locali che ci hanno introdotto ai segreti del Washoku, la classica e tradizionale cucina giapponese.

 

Nel tuo libro c’è probabilmente tutta la cucina giapponese, ma non solo: viene fuori anche un ritratto del Giappone, delle sue abitudini alimentari e culturali, una specie di sua “microstoria” frammentata e inframmezzata alle ricette. Puoi spiegarci questa scelta?

La scelta di annotare questa specie di “microstoria” in mezzo alle ricette nasce dal mio desiderio di far conoscere alcune delle molte cose che avevo appreso, mangiando, dalle persone amiche che in tanti anni mi avevano introdotta ai segreti culturali dell’alimentazione nipponica, alle tradizioni, ai motivi reconditi del perché si mangiano certi alimenti e a tutte le curiosità che avevano profonde e antiche radici nella storia giapponese. Nello scrivere il libro ho pensato che potesse essere piacevole e interessante per i lettori ignari del Giappone conoscere il perché della mia scelta di alcune ricette, scelta legata a ricordi, luoghi e momenti che mi avevano colpita in modo particolare.

 

Quanto c’è di giapponese nella cucina giapponese che mangiamo in Italia? E puoi definire questa cucina in tre aggettivi?

La cucina giapponese in Italia è di ottimo livello e ormai è davvero “cucina giapponese” – ma solo quella che si può gustare nei veri ristoranti giapponesi, cioè quelli in cui i cuochi provengono dal Giappone, gli ingredienti sono scelti con estrema cura, i piatti variati e diversi, non sempre il solo, solito sushi. Che tra l’altro nel Paese del Sol Levante è un cibo prezioso, non lo si mangia spesso, deve essere servito da cuochi che studiano anni per poter esercitare e deve soprattutto essere preparato in modo impeccabile, con pesci freschissimi, di mille tipi diversi. Purtroppo i molti ristoranti giapponesi-cinesi che oggi imperversano dappertutto danno un’idea del sushi che è spesso banale e limitata, ben lontana da quello che è in realtà in Giappone.
Definire la cucina giapponese in tre parole? Elegante. Leggera. Deliziosa.

 

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Emanuele Bonati

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